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Lioni - Vinicio Capossela racconta "Il Paese dei Coppoloni"

Sullo sfondo Calitri, il “Paese dei Coppoloni” mescolato a scene di cortei di sposalizi che attraversano il paese. Così comincia il film di Vinicio Capossela “Il Paese dei Coppoloni”, che questa sera è stato presentato presso il Cinema Nuovo di Lioni.
A spiegarci il perché di questa espressione è proprio Capossela, che in questa terra affonda le proprie radici. Un uomo che torna con piacere tutte le volte che può, così da tenere sempre vivo quel senso di appartenenza, senza alcuna intenzione di tagliare quel cordone ombelicale che alimenta la sua esistenza. Tutto il film, infatti, è intriso di nostalgia, ossia “quel senso di appartenenza a qualcosa che non abbiamo vissuto, ma che percepiamo ugualmente come nostro”.
“I calitrani sono stati definiti coppoloni perché abitando così in alto si presumeva che vivessero tra le intemperie e dunque bisognava coprirsi bene la testa”, così Vinicio, narratore – viandante spiega chi sono questi fatidici “coppoloni”.
Il film di Capossela è un racconto per conoscere e riscoprire l’Irpinia, ma soprattutto per conoscere se stessi “attraverso l’incontro con l’altro, definendo così la propria identità”, il cui leit motiv è il ripetersi continuo, quasi ossessivo di tre domande: “CHI SIETE? A CHI APPARTENETE? COSA ANDATE CERCANDO”, che i cittadini curiosi pongono ai viandanti che come Capossela si inoltrano in queste zone affascinanti e misteriose.
Una pellicola che è un viaggio suggestivo tra i paesaggi, le tradizioni popolari, il dialetto incomprensibile del “paese dell’eco”, dove tutti i vicoli risuonano dei rumori della natura e dei canti che appartengono alla storia della gente.
Nel "Paese dei coppoloni" a farla da padrone sono personaggi pittoreschi che con i loro “stortinomi” raccontano qualcosa della propria vita passata, le proprie caratteristiche: ed ecco che appaiono sulla scena Ciccillo il cantante gladiatore, Testadiuccello, le mammenonne e tanti altri ancora.
Anche Capossela si è guadagnato il suo stortonome: “GUARRAMONE”: la tempesta.
Vinicio sembra raccontare un mondo che ha conservato parte della propria verginità, ma che inevitabilmente è stata contaminata dalla “contemporaneità” che minaccia il passato. È il caso delle trivellazioni, delle centrali eoliche: tutte manifestazioni di un presente che cerca di cancellare la storia degli avi.
Un riferimento è andato anche alla Ferrovia Avellino – Rocchetta Sant’Antonio che passava per Calitri, prima di essere sospesa. Essa era il simbolo del progresso, ma anche segno di distruzione in quanto quei vagoni hanno portato via una molteplice “morra di cristiani”, afferma Capossela, portando alla desertificazione del paese.
Ad accompagnare questo viaggio tra tradizioni popolari, sposalizi, “cannazze” e “vraciole” immerse nel sugo, canti popolari e alcune delle canzoni che costituiscono il nuovo disco dell’artista irpino “La Cupa”, che uscirà a marzo.
“Questo è un mondo prezioso che io ho cercato sia scrivendo, sia mettendolo in musica, sia attraverso il festival che organizziamo a Calitri (Sponzfest) di rendere all’uso comune, di far conoscere a tutti. Questo è il mondo che hanno contribuito ad edificare i miei genitori e di cui io mi sento parte, pur non avendolo vissuto”, ha esordito così Vinicio Capossela di fronte alla platea del Cinema di Lioni, continuando: “Si tratta di un concetto materno: riconoscere tutte le cose in cui uno si sente a casa e questo grazie a tutto quello che i miei mi hanno raccontato da piccolo”.
“Ringrazio tutti coloro che sono apparsi nel film e hanno contribuito a rendere unico questo racconto con la propria spontaneità, perché si tratta di attori non professionisti”, ha concluso Vinicio, aggiungendo: “Questo è un territorio meraviglioso: basterebbero anche solo i cieli di queste terre per creare un capolavoro”. - I. F. -