Tu si nat in Italy

Quattro donne in uno scompartimento: quando il treno parla al femminile.....

"Tu scrivi di me per favore" è la richiesta di una donna in preda all'agitazione su un treno notte partito da Napoli e diretto a Torino. Le avevo appena detto per semplificare, di fronte ad un'improbabile traduzione in rumeno del mio titolo di studio e dei 3 lavori che ne derivano, che scrivo per un giornale. Lei si era presentata come parrucchiera, 53enne, arrivata in Italia da due settimane, desiderosa di imparare in fretta la nostra lingua al punto da non darmi tregua per buona parte della notte, e sola. Tra una parola di italiano e una di francese, siamo riuscite a capirci: Marianna è una delle tante che arrivano nel nostro Paese dopo aver sborsato fior di quattrini in commissioni per le agenzie di viaggio: atterrata a Napoli le hanno proposto di battere la strada, ma non se l'è sentita..ha provato così tanta paura da aver perso il conto delle notti passate insonni e ha iniziato a bere whisky e ingerire pasticche alle erbe perché l'aiutano a tenere la mente sempre sveglia e a vigilare su eventuali pericoli. Proprio non ce la fa a stare ferma: continua ad alzarsi, aprire e chiudere la valigia, cammina su e giù per il corridoio.. sembra un animale in cattività. Nella cuccetta però ci sono anche altre due donne: una giovane africana completamente silenziosa ma molto educata ed ordinata e una signora cinese. Ha un tono di voce altissimo e non è una sprovveduta: viaggia abitualmente in treno e ha tutte le abitudini e la sicumera di chi affronta un viaggio lungo almeno dieci ore. Ne ha impiegate otto per arrivare in Italia, dopo tutto! In soli due momenti riesce ad ispirarmi simpatia: quando, mostrando a Marianna la foto di sua figlia (rimasta in Cina) si sente dire che è molto bella, ed esplode in un grazie e un sorriso sincero e gioioso che fanno sorridere anche me.. e quando pronuncio la parola "stancante", che non conosce e non riesce a ripetere, e me la fa scrivere su un pezzetto di carta perché vuole andare a casa e cercarla sul vocabolario.
Siamo quattro donne completamente diverse, che affrontano lo stesso viaggio per simili motivazioni (il lavoro) con spirito e aspettative quasi opposti. Più che la cuccetta di un treno è un esperimento antropologico.. Penso a quanti emigranti nostri connazionali dal Sud si sono spostati verso il Nord usando questi treni notte: lente locomotive e lunghe carovane di vagoni che si arrampicano a fatica su per lo Stivale, partiti con il sole e arrivati a destinazione tra la nebbia, pieni zeppi di storie da raccontare e valigie cariche di provviste, odori e sapori della propria terra d'origine, anche a costo di sacrificare qualche indumento. Certi treni sono stati per decenni cerniere tra zone lontane del Paese. Viaggiando di notte, nel buio, facevano sembrare il tragitto più breve: ci si addormentava al Sud e ci si risvegliava al Nord raccontandosi che il giorno era venuto presto e che i chilometri di distanza da casa non erano poi così tanti. Durante la notte, si poteva sognare e vedere realizzate le aspettative per cui si era partiti.
Ecco allora che, quando salto giù dal mio vagone a Torino pronta per affrontare un'altra giornata e un'altra esperienza, lo striscione che campeggia nella stazione di Porta Nuova "Trenitalia taglia i treni per il Sud. No alla soppressione dei treni notte", acquista un significato diverso: non si sta solo riducendo all'osso un servizio di pubblica utilità, non si stanno solo tagliando posti di lavoro, si sta anche facendo violenza alla tradizione di emigrazione del nostro Paese, ai suoi riti e alle sue usanze.
(di Paola Liloia)