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La stazione rinasce con Avellino Scalo, nuovo HUB culturale e motore di sviluppo per il territorio




Da spazio inutilizzato a luogo vivo, inclusivo e connesso: mentre la stazione ferroviaria di Avellino si prepara a tornare pienamente operativa con il ripristino del traffico ferroviario - oggi previsto ma ancora senza una data ufficiale - c'è chi ha deciso di riattivarla dal basso, restituendole funzione e senso.


Si chiama Avellino Scalo ed è il nuovo progetto di Visit Irpinia, startup innovativa e società benefit nata nel 2020 per raccontare e promuovere i territori attraverso esperienze autentiche, conoscenza e innovazione.


A seguito della firma dell’accordo tra RFI e Visit Irpinia, i 348 metri quadrati che fino a qualche anno fa ospitavano la biglietteria, l’edicola e i servizi dedicati agli operatori di Ferrovie dello Stato sono stati concessi per trasformare quel quartiere in centro nevralgico di un nuovo modo di concepire il vivere urbano. Non una sostituzione, ma un valore aggiunto: un HUB attivo e accogliente che riconsegna lo scalo alla città, rendendolo da subito attraversabile, vissuto, riconoscibile.


È proprio nell'ambito della sua crescita che Visit Irpinia ha scelto di fare un passo ulteriore: creare un punto di riferimento permanente per la valorizzazione territoriale, accettando la sfida della rigenerazione urbana. Così nasce questa iniziativa che trova casa nei locali del capoluogo irpino, trasformando un simbolo di abbandono in motore di sviluppo locale.


Dietro l’idea ci sono Alessandro Graziano ed Eugenia Lopez Snaider, coppia nella vita e nel lavoro, già noti in Irpinia per eventi come Acino, Irpinia Mood e La Repubblica delle Bolle. Con Avellino Scalo hanno scelto di restituire un senso a uno spazio chiuso da tempo, provando a immaginarlo come «un modello di innovazione replicabile in altri contesti simili».


«Vogliamo che questo non sia solo un contenitore, ma uno strumento attivo, un moltiplicatore di energie - spiegano - un progetto strategico, che metta al centro la dimensione simbolica e identitaria dei luoghi, capace di generare nuovi significati d’uso, nuove economie legate ai desideri e ai bisogni del territorio».


La riattivazione dello spazio avviene su più livelli. Non solo restauro fisico, ma rigenerazione comunitaria. La maggior parte dei collaboratori del progetto vive nel quartiere di Borgo Ferrovia. Visit Irpinia ha stretto relazioni con associazioni e realtà locali, avviando un dialogo costante con chi abita e anima la zona. Il progetto è un esercizio collettivo di immaginazione e cura.


Un’attenzione che si riflette anche nelle scelte estetiche: gli arredi sono stati realizzati con scarti di lavorazione della Pietra di Fontanarosa, recuperati dall’artista Felice De Dominicis, mentre la vecchia biglietteria è rimasta intatta. Il riuso non è solo un principio teorico: è visibile in ogni dettaglio.


Al centro, c’è l’idea che la promozione del territorio – se fatta con radicamento e visione – possa diventare un motore di sviluppo locale: creare lavoro, generare appartenenza, ricucire i legami sociali. In questo senso, Avellino Scalo è già un esperimento riuscito di abitabilità rigenerativa, dove la cultura non è fine a sè stessa, ma un mezzo per attivare relazioni, collaborazioni, opportunità.



Dalla biglietteria alla caffetteria: Sosta Tecnica


Il primo tassello concreto è la caffetteria “Sosta Tecnica – Coffee Lab”, specialty coffee shop. Un progetto gestito dall’impresa sociale Ri.Genera, che insieme a partner come Ditta Artigianale e Che Pasticcio! porta in provincia di Avellino un’offerta ancora poco conosciuta, ma sempre più richiesta: il caffè gourmet.

«Abbiamo immaginato una caffetteria che fosse anche un luogo di scoperta – racconta Eugenia Lopez Snaider, socia anche di Ri.Genera – dove ogni tazza racconta l’origine di un caffè selezionato con cura, tostato con precisione e valorizzato attraverso metodi di estrazione diversi. Vogliamo portare uno sguardo nuovo sul caffè: più attento, più consapevole, più esigente».



Il Dopolavoro Ferroviario: bistrot e visione


A completare il percorso, arriva il bistrot “Dopolavoro Ferroviario”, guidato dal direttore gastronomico Mirko Balzano, volto noto della cucina d’autore e da sempre attento al tema dell’innovazione.


«L’idea - spiega Balzano - è soddisfare sia chi cerca qualità e servizio, sia chi ha solo bisogno di mangiare un piatto veloce e tornare al lavoro. Per questo abbiamo pensato a una proposta agile, leggera: il 70% del menù è a base di ingredienti vegetali, il restante 30% lascia spazio alle proteine animali. In fondo siamo in una stazione, luogo di scambio e contaminazione: ci piace portare suggestioni da viaggi ed esperienze personali».


Il menù è costruito con una logica collaborativa e stagionale: ogni membro della brigata firma tre piatti, dando vita a una carta dinamica, condivisa, lontana da rigide gerarchie. «Vogliamo che il team si diverta, che lavori con leggerezza e ispirazione – aggiunge Balzano – e abbiamo già pronte decine di ricette “in lista d’attesa”, che entreranno nel menù man mano».


Tra i punti di forza del bistrot c’è l’inclusività alimentare: il pane e tutte le preparazioni saranno anche senza glutine, sono previsti piatti per vegetariani e vegani, e una carta dei vini con circa 100 etichette, tra artigianali e convenzionali, selezionate con cura, per abbinamenti mai banali.


Lo chef Riccardo Cannizzaro: radici e passione


In cucina, a dare concretezza al concept di Balzano, c’è Riccardo Cannizzaro, trentenne salernitano con un passato tra Londra, Parigi e la Costa Azzurra. Non viene da una famiglia di ristoratori, ma da una casa dove il cibo è sempre stato festa, condivisione, memoria.


«Da bambino cucinavo con le nonne, con i genitori – ricorda – e quei momenti sapevano di felicità. È da lì che nasce la mia idea di cucina: impegnarsi per gli altri, dare qualcosa».


Dopo gli studi all’alberghiero “Roberto Virtuoso” di Salerno, parte per l’estero e si forma in ristoranti stellati e cucine etniche. «Ogni esperienza ti lascia un ingrediente nuovo, una sfumatura. Quando mi hanno parlato di Avellino Scalo ho capito che poteva essere il mio posto: un luogo senza etichette, dove esprimersi, dove ogni piatto racconta un’intuizione, lasciando spazio alla scoperta».


Oggi è lui a firmare una cucina che vuole essere libera, accessibile, contemporanea, ma anche profondamente radicata. «La ristorazione di lusso sta perdendo terreno – spiega – non perché manchi il gusto, ma perché è diventata inaccessibile. Qui invece possiamo fare cucina di ricerca, con un linguaggio nuovo, eppure senza fronzoli».




Avellino Scalo è tutto questo: un progetto che mette insieme rigenerazione urbana e sviluppo locale, cultura e convivialità, nuove economie e antichi sapori. Un modo concreto e sostenibile per riattivare un pezzo di città e restituirgli funzione, bellezza, senso.

Visit Irpinia scommette così su un nuovo modello, capace di unire turismo, accoglienza, impresa e narrazione. Un HUB che parte dal cibo, ma guarda lontano.