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Stadio Partenio - Liberale (Presidente commissione urbanistica), "Il calcio, metafora della politica..."

LO “STADIO” TOTALE
Sarebbe bello poter parlare oggi di calcio come è successo, in questa Città, in tante altre occasioni. Sarebbe bello, ancora una volta, raccontare una storia, tirarne fuori un significato, aspettarsi un'ispirazione come solo chi ama la propria squadra del cuore, non solo quando vince, sa fare. Invece, in questa settimana abbiamo assistito alla più tragica delle bagarre su un tema per cui si sono mossi anche i pezzi da 90 della politica locale e regionale, come mai fatto prima per questioni di criticità legate al nostro territorio come ad esempio l’accessibilità, lo spopolamento, l’occupazione, solo per citarne alcuni, ed ecco l’alibi morale perché il tema-stadio pure riguarda da vicinissimo la responsabilità sociale.
Lo stadio dunque detta legge e di conseguenza il calcio diventa metafora della politica gettando un popolo intero (tifosi e non) in un caos di sgomento e di riflessione, che ci metta di fronte all'incastro fra due situazioni paradossali, estreme, diametralmente opposte. Da una parte il nodo legato alla struttura intesa come bene pubblico, che non è propriamente solo questione calcistica, dall'altra lo stadio inteso come casa del calcio, il tempio del tifo che a queste latitudini conta più di ogni altra cosa perché è la rappresentazione indiscussa dell’unità di una intera provincia, di un popolo che solo nel calcio sa essere così unito sotto un simbolo e due colori, quel 12esimo uomo in campo ch’è stato il vero artefice della conquista della cadetteria.
Il dibattito sul nuovo stadio Partenio si è improvvisamente acceso e, accanto a contributi soggettivi interessanti, ha visto aggiungersi toni e commenti che nulla hanno anche vedere con un esame obiettivo e razionale di tutta una serie di aspetti ad esso correlati che riguardano la sfera paesaggistica, urbanistica, viabilistica e monumentale. È innegabile che l’intervento costituisce un’inevitabile complessità tale da richiedere una serie di approcci multiscalari ed una gestione adattativa delle tematiche. Viene spontaneo richiamare i principi di massima trasparenza e di partecipazione della comunità ad una scelta così rilevante, come lo stesso dibattito in corso evidenzia. Eppure la polemica politica ha preso il largo sfociando in vere e proprie accuse sulla responsabilità di colpe attribuibili a questa e quell’altra fazione, certo, il Partenio è un impianto sportivo vecchio e fatiscente, lontano dagli standard europei con cui la nostra squadra del cuore cerca da anni di ridurre un gap qualitativo che allo stato dei fatti sembra invece incolmabile. Tuttavia, c’è stato un tempo non molto lontano in cui all’orizzonte sembrava si stesse muovendo qualcosa, salvo capire a distanza di qualche anno che il tanto decantato “progetto Zavanella” fosse soltanto uno spot elettorale per qualcuno, uno dei tanti, ma dal tema intrigante e dal forte impatto mediatico e sociale. Chiariamoci, ad oggi lo stadio è un bene pubblico e sulla disponibilità o intenzioni da parte di imprenditori ad intervenire sulla gestione o sull’eventuale acquisizione del manufatto al momento non vi è nulla di concreto ma solo chiacchiere. A fare rendering per il committente di turno noi architetti siamo tutti bravi!
Chi gestisce la cosa pubblica non può limitarsi a compiere scelte frettolose che potrebbero rivelarsi fallimetari, ma ha il dovere di spiegare alla gente che uno dei temi cardine parlando di stadi, o di grandi infrastrutture sportive in generale, è la rigenerazione urbana che sono in grado di promuovere e/o condizionare. Questi interventi implicano innanzitutto la trasformazione delle aree d’intervento che non si limitano alla cantierizzazione, la realizzazione di servizi e sottoservizi, dentro e fuori dalla struttura, lo sviluppo della mobilità locale o la promozione della sicurezza nel quartiere, tutte condizioni che influenzano la vita della comunità locale in quanto la nuova generazione di grandi infrastrutture ha compreso come farsi promotrice di azioni che vanno ben oltre alla ormai passata idea di impianto sportivo tradizionale.
Per questi motivi la vera questione è di metodo prima che di merito e compete all’Amministrazione comunale individuare gli strumenti che il diritto ha introdotto al fine di tutelare tutti gli interessi (ed i diritti) in campo. Il codice dei contratti pubblici ha previsto, all’art. 40, il “dibattito pubblico” anche al di fuori dei casi di obbligatorietà: “ove ne ravvisi l’opportunità in ragione della particolare rilevanza sociale dell’intervento e del suo impatto sull’ambiente e sul territorio, garantendone in ogni caso la celerità”.
Ciò che più sconcerta in questa storia, seppur in un’epoca di paradossi che riguardano la Città di Avellino, è tuttavia l’accusa di volere lasciare le cose come stanno indirizzata ripetutamente verso coloro che chiedono non solo dibattito e confronto sul tema ma soprattutto chiarezza, cosa che nel recente passato non è mai stata fatta sfociando in qualcosa che ha riguardato più la sfera giudiziaria che non altro. Per contro, nessuno si interroga sulla reale disponibilità di parte di questa amministrazione comunale di sostenere quel progetto che, se tutto va bene, vedrà la luce in un mandato elettorale ad essa successivo e nel mentre lavora a soluzioni immediate per garantire che in Agosto lo Stadio sia pronto ad ospitare la nuova stagione calcistica dell’Unione Sportiva 1912. Ma forse quella pseudo-politica è la solita boutade e, come pure si sostiene, siamo solo agli inizi di una lunga procedura, il tempo del confronto arriverà e sarà galantuomo, nel frattempo alla propaganda elettorale (comunale e regionale) fatta sulla pelle dei veri tifosi e non degli occasionali che affollano l’area vip della Montevergine per scattare l’ennesimo patetico selfie, bisogna sostituire scelta ponderate, azioni mirate per il raggiungimento dell’obiettivo nel breve termine, che sono al vaglio.
La politica si fa programmando, ma programmare non significa presentare progetti o avviando iter per un project financing in pompa magna salvo scoprire, dopo anni, che non esiste e non può esistere, per assenza della pratica, alcuna conferenza dei servizi in corso per la realizzare un nuovo Stadio. Chi avrebbe dovuto garantirne la fattibilità e l’esecutività? Perché in questi anni non vi è stata alcuna interlocuzione con il Governo Regionale, con il quale invece si sono creati attriti personalistici a discapito di tutti? I beni pubblici non si archiviano dalla sera alla mattina, non si fa propaganda elettorale sulla pelle dei tifosi non si utilizza il tifo come strumento di mobilitazione politica.
In ogni caso, per tutte queste ragioni appaiono surreali le accuse di disfattismo lanciate da più parti ma soprattutto da chi è artefice dell’immobilismo amministrativo, a tutti i livelli (Comune, Provincia, Regione). Viceversa, io ritengo che alzare polveroni in certi casi sia il miglior modo per fallire, tutti nessuno escluso. Detto ancora altrimenti, chi propone soluzioni realizzabili, disponibile a confrontarsi in modo trasparente, sposa più di altri il desiderio onesto e leale di avere un nuovo Stadio alle falde del Partenio.
Non ci resta che sperare che lo capisca anche una certa politica qualora voglia realmente assumere un ruolo guida per la tale realizzazione anziché assumersi la responsabilità di rinunciare anche questa volta, magari con qualche altro grottesco, paradossale, demagogico espediente.
Arch. Fabio Liberale
Presidente V°Commissione Consiliare
URBANISTICA - GOVERNO DEL TERRITORIO - PIANIFICAZIONE STRATEGICA