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La mancata riapertura della Stazione di Avellino, la nota di InLocoMotivi

di Valentina Corvigno e Pietro Mitrione

 

Il 13 giugno 2020, sulla strada ferrata Benevento-Avellino-Mercato S. Severino-Salerno erano previste le corse per l’imminente riapertura “post-Covid” della stessa per il 14 giugno.

Sul sito di Trenitalia, nella settimana precedente, si poteva verificare la presenza in orario delle corse, anche se sempre in numero ridotto e male organizzato, due verso Benevento, una verso Salerno Napoli.

Il 13 giugno le corse di prova sono state sospese, si riporta nell’ambiente FS locale, a causa di problemi tecnici tra Benevento e Avellino, su una tratta non dismessa, non chiusa, ma, come molte, solo sospesa causa emergenza sanitaria.

Ma alla domanda del giornalista, riportata nell’articolo de il Mattino del 14 giugno, relativa al quando, dunque, sarebbe avvenuta questa riapertura, la risposta, deludente, è stata: "l’offerta di Trenitalia, che è comunque ancora condizionata dalle restrizioni imposte per fronteggiare l’emergenza sanitaria, prevede per l'avvio dell'orario estivo solo collegamenti attraverso servizi con autobus sostitutivi” ritenuti adeguati alla domanda di mobilità abitualmente espressa dal territorio.

Risultato?

Nessuna corsa ripartirà dalla stazione di Avellino, non per ora, la stazione resterà chiusa fino a data da destinarsi.

Cosa significa?

Che Avellino è tagliata fuori dai collegamenti regionali e nazionali, ancora una volta.

Come sta accadendo in Molise, in totale controtendenza rispetto a quelli che sono i progetti presentati dalla Presidenza del Consiglio e dal Ministero dei Trasporti (Alta Velocità al Sud e la necessità di ridurre ad 1 ora la distanza temporale di ogni città dalla AV), in controtendenza, in generale, rispetto al flusso Europeo e Nazionale che va verso la collettivizzazione e la sostenibilità ambientale dei trasporti, della mobilità, ad Avellino la Stazione Ferroviaria resta chiusa e le corse sospese. E questo avviene nell’indifferenza imbarazzante di chi ci governa, di tutti quelli che ci governano. Un’indifferenza consapevole e colpevole perché a decidere la chiusura sono Acamir e Trenitalia. Una decisione, politica, che avviene a seguito di un mero conto della lavandaia: la Regione, attraverso Acamir, gestisce  il traffico ferroviario campano, firma con Trenitalia un contratto che determina la quantità di corse (treni) da distribuire sulle strade del territorio, da parte di Trenitalia, a fronte di un pagamento complessivo da parte della Regione. Non è difficile capire che, in un periodo di emergenza come questo, dove le corse necessitano d’essere aumentate perché la capacità di un treno è dimezzata a causa del distanziamento fisico, bisogna operare tagli dove c’è minore utenza per spostare treni e corse dove la richiesta è maggiore. Avellino è una “piazza” con poca utenza e dunque è la prima a saltare.

Il ragionamento non fa una piega e noi siamo assolutamente d’accordo.

Ma allora ci chiediamo, perché quelle due corse verso Benevento e quella verso Salerno Napoli sono state istituite in quel modo in prima istanza? Con tempi di percorrenza che non avrebbero potuto competere neanche col calesse (104 minuti per raggiungere Napoli, a fronte dei 75 minuti di trenta anni fa), con orari sballati, pianificati senza sentire l’utenza, né il territorio, senza neanche guardare al traffico che quotidianamente si muoveva dagli usuali stazionamenti bus della città verso le università di Napoli, Salerno e Benevento. Un compitino, semplice-semplice, che avrebbe potuto fare chiunque. E allora perché istituire quelle corse? Semplicemente per “debito politico” verso una parte amministrativa? Se così fosse sarebbe doppiamente grave, beffa alla popolazione e spreco di denaro pubblico.

Quello che succede oggi ci permette di rileggere quello che è successo negli ultimi cinque anni e tutto l’entusiasmo per la riapertura della stazione e per le corse verso Benevento, Salerno e Napoli si smorza completamente e viene messa in dubbio l’esistenza di una reale progetto ferroviario.

Dobbiamo pensare, dunque, che dietro quelle corse non ci mai stata una concreta volontà di riprogettare la mobilità avellinese e irpina?

Magari solo la necessità di pagare un obolo, di applicare una stella sul petto di qualcuno, da buttare giù appena fosse stato necessario?

Ridiscutiamo allora anche quei 230 milioni di euro investiti nella elettrificazione dell’intera tratta Benevento-Mercato S.Severino-Salerno?

E l’investimento nel collegamento con l’Università di Fisciano, frequentatissima dai nostri studenti?

Verrebbe da dire: sospendete, sospendete tutto!!! Smettetela di spendere soldi su un territorio del quale avete già decretato una morte per asfissia!

L’elettrificazione, due/tre corsette in orari inutili, perfino i treni turistici sono sprechi se non si procede ad un progetto di mobilità serio.

Fra qualche anno la costruzione della linea ad alta capacità Roma Napoli Bari sarà un fatto compiuto e la nostra provincia potrebbe trovare finalmente una collocazione nella ferrovia che conta. Saremo a pochi minuti dalla connessione con una infrastruttura ferroviaria che potrà contribuire alla costruzione di nuove e valide gerarchie territoriali. E’ oggi il tempo di programmare il futuro non di rinviare le scelte.

Occorre una progettazione che faccia sedere allo stesso tavolo, necessariamente, le popolazioni, che devono rappresentare le loro necessità di movimento (quando mi muovo, verso dove e per quanto tempo) e chi ha le competenze per proporre le soluzioni di trasporto. Questo va fatto nell’ottica di “offrire” al fine di costruire la domanda, consapevoli che esistono potenzialità. Serve, oggi, qui, gente competente, capace di avere un progetto “complesso” sulla mobilità ma che sia inserito in una visione più ampia del futuro di una terra della quale si riconoscono le potenzialità, le caratteristiche. Ci serve qualcuno che sappia immaginare l’Irpinia del futuro, occorre serietà e occorre competenza. Il progetto di mobilità che serve all’Irpinia, al Sud intero, è fatto di capillarità e di pianificazione, partendo dalla scala del piccolo paese estendendosi al territorio, alla provincia, alla regione. Una progettazione che metta insieme pratica e teoria. Occorre costruire le infrastrutture ma anche educare la popolazione all’uso delle stesse. Non si può pensare che esista una popolazione indifferente alla chiusura della propria stazione, perché significa che siamo una popolazione indifferente all’idea del futuro, un futuro che passerà per la diminuzione dei mezzi privati, per l’incentivazione del mezzo pubblico, che proseguirà per l’eliminazione del carbon fossile e l’uso delle energie pulite.

Serve una classe politica competente e lungimirante, che non limiti se stessa alle beghe campanilistiche a cui abbiamo assistito anche di recente, ma serve, più di tutto, la chiara consapevolezza, apartitica, che un territorio non può sopravvivere senza connessioni e che queste devono avvenire prima e non dopo lo sviluppo dello stesso, perché sono queste che creano sviluppo; serve la consapevolezza nei rappresentanti e nei cittadini che i collegamenti, le infrastrutture, pure rispettose dell’ambiente e del territorio, sono l’ossigeno di quest’ultimo. Serve, ancora, la consapevolezza che da soli non ci si muove, letteralmente e metaforicamente, e che costruire servizi collettivi di connessione e comunicazione è l’unico modo per evitare l’abbandono di molta parte del Sud, della gran parte delle aree interne.

Era e resta questo il filo conduttore che mosse la Regione Campania  per la elettrificazione Salerno Avellino Benevento, in corso di realizzazione, e della costruzione della Napoli Bari, non capirlo è miopia politica.

 

Alla luce di queste considerazioni e alla luce dei finanziamenti approvati e dei lavori di elettrificazione a farsi, si chiede, da parte di InLocoMotivi:

-       di istituire un tavolo tra Acamir, Trenitalia e la provincia di Avellino, al quale far sedere anche le associazioni di categoria e di utenti, per iniziare a discutere il progetto di mobilità in cui Avellino è inserita;

-       che il comune di Avellino si faccia portavoce di questo movimento;