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La pietra di Fontanarosa: tra scalpellini, cave dismesse e la tenacia dei fratelli De Dominicis

 La pietra per Fontanarosa, è l’anima e allo stesso tempo l’essenza, l’elemento in cui il piccolo borgo irpino si identifica. Questa pietra conosciuta come “Breccia irpina” è costituita da calcareniti contenenti organismi fossili, depositasi circa 50 milioni di anni fa su fondali marini situati alla base delle scarpate delle piattaforma carbonatiche. Grazie alla sua omogenea composizione è possibile utilizzare tale materiale per elementi di arredo e lavorazioni artistiche. Nel comune di Fontanarosa si estrae un tipo di breccia denominata “Favaccina” che presenta clasti di colore grigio scuro come la classica pietra arenaria.

Camminando per il centro storico del borgo si intuisce subito la costante presenza della pietra attraverso i portali dei palazzi signorili, le fontane pubbliche, le strade, i monumenti. “Il borgo - come afferma Felice De Dominicis, giovane fontanarosano, attivo in ambito sociale e culturale, e titolare, insieme al fratello, dell’azienda Fontanarosa pietra - è interamente costruito su una parete rocciosa che parte al confine con Sant’Angelo all’Esca e si estende fino ai confini con Gesualdo e Grottaminarda. Avendo la materia prima, dunque, i più han ben pensato di sfruttarla per mettere su un’azienda di trasformazione avendo non solo ruolo di materiale costruttivo, ma diviene elemento estetico-decorativo atto a dare maggiore splendore alle antiche abitazioni; Come scrive Gaetana Cantone nel suo “Il Carro di Fontanarosa”: " Come Zaira, una delle città della memoria di Italo Calvino, Fontanarosa non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, nei corrimani delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole." Cosa ha dunque di speciale questa pietra e perché ha legato il suo nome a Fontanarosa? “Semplicemente la sua duttilità, la sua maneggevolezza, il suo colore che parte da sfumature beige fino ad arrivare al grigio chiaro.


La maggior parte delle opere presenti nella media valle del Calore sono di questo materiale e non solo; lo staff del celebre architetto Luigi Vanvitelli ha voluto che questa pietra venisse utilizzata nella reggia di Caserta e in altri palazzi della nobiltà del Regno delle due Sicilie, a dimostrazione che la pietra a Fontanarosa viene estratta da secoli e secoli”. E’ dalle sfumature della pietra che i De Dominicis sono riusciti a risalire all’origine della loro azienda, “Posso dire con certezza che l’azienda che oggi gestisco insieme a mio fratello è in piedi dal 1660 e la prova di ciò è un portale in pietra di Fontanarosa presente nel centro storico del comune che segna la data 1695. Grazie alle sfumature della pietra, che differenziava in base alla posizione geografica, è stato possibile affermare che quella pietra è stata estratta nella cava di proprietà dei miei avi. In cinque secoli sono cambiate tantissime cose, innanzitutto il modo di concepire l’arredamento, diventando per lo più elemento decorativo e non più strutturale e costruttivo; da qui l’esigenza e la voglia di scoprire nuovi mercati e nuovi materiali provenienti da ogni parte del mondo, grazie soprattutto alla globalizzazione e l’industrializzazione." Oggi la sua azienda è rimasta l’ultima nel territorio di Fontanarosa ad estrarre la pietra. Le altre cave presenti nel territorio di Fontanarosa, nel corso dei secoli sono state dismesse per svariati motivi: perché anti-ecologiche, o perché la pietra si era esaurita o semplicemente perché i proprietari hanno cessato l’attività. Di questa millenaria attività che ha reso famosa Fontanarosa resta poco o niente. Il paese un tempo era pieno di scalpellini, che con le loro mani sapienti che conoscevano il millimetro, e sapevano calibrare il colpo di una mazzuola su un affilato puntale, dalla pietra davano vita ai più svariati oggetti, dagli utensili per la casa, si pensi al mortaio per lavorare il cibo, o per preparare medicinali, a finissimi rosoni e stemmi gentilizi che ostentavano tutto il blasone delle famiglie più facoltose del Paese. Fortunatamente non tutto è perduto, la caparbietà di giovani imprenditori locali, come i fratelli De Dominicis sta spingendo sempre di più a riproporre questa pietra come elemento di arredo urbano e domestico ed è questa la sfida per il futuro.                                                                                                                                                                                                                                            Giulio Tammaro