Tu si nat in Italy

Migrazioni: è immune la nostra comunità  dalla xenofobia e dall'indifferenza verso l'altrui sofferenza?

 - di Gelsomina Monteverde -

Alcuni articoli apparsi su siti web e quotidiani nazionali tra cui il “Corriere della Sera”, giornali locali del gruppo “L’Espresso–La Repubblica” e addirittura sulla prima pagina de “Il Mattino”, riguardo un fatto di cronaca accaduto non lontano da noi, hanno colpito  me, emigrata verso nord, sulla poliedricità dei punti di contatto con le nostre comunità della questione delle migrazioni.
Mi riferisco al gesto estremo fatto dal giovane sindaco di Santomenna che ha deciso di togliersi la fascia tricolore, consegnandola nelle mani del vigile urbano, durante la processione in onore del nostro San Gerardo Majella, che il piccolo paese dell’Alto Sele festeggia la terza domenica di novembre. Negli articoli - che riprendono quanto dichiarato dal sindaco stesso nella sua pagina del social-network facebook “Massimiliano VOZA” - si chiarisce che il sindaco – peraltro, già noto per la sua “rebeldia”– ha compiuto il gesto - pur rimanendo compostamente al suo posto nel corteo religioso per rispetto del santo e dei compaesani - per esprimere il proprio rammarico nel vedere il santo in spalla ad alcuni portatori di statua da lui accusati di xenofobia, ovvero intolleranza allo straniero (altra faccia della medaglia, a suo dire, di una cattiveria politica che ha già dato luogo a numerosi ricorsi che rallentano l’amministrazione del paese). 
Egli, ha lamentato che tra i portatori di statua ci sarebbe stato chi ha snobbato i banchi riservati ai consiglieri comunali - sedendo per protesta tra il pubblico - poiché niente di poco meno il sindaco si sarebbe permesso di relazionare al consiglio comunale – di ritorno da alcune missioni umanitarie svolte in Medio Oriente – su un argomento evidentemente ritenuto “superfluo”, “non-self” (come si dice in trapiantologia di un organo estraneo, rigettato perché riconosciuto come “non uguale a se stesso”), ovvero la condizione dei rifugiati nei campi profughi dell’Iraq e del Libano (dove sono stipati “milioni” di rifugiati provenienti dal Kurdistan e dalla Palestina, in fuga da ISIS e dal genocidio di Israele). Tra i portatori, lamentava il primo cittadino, ci sarebbe stato chi ha messo ferro e fuoco il paese con interrogazioni consiliari o polemiche da bar circa un’eventuale arrivo di profughi nel piccolo paese, che, invero, non erano neanche previsti! Cioè alla venerazione per il santo di legno non corrispondeva, secondo la denuncia forte del sindaco, la cristiana comprensione per chi scappa da morte certa! Insomma, la denuncia riguardava il fatto che con una mano si regge il santo in spalla, e con l’altra si lancia la pietra della xenofobia, addirittura “preventiva”! Una paura per lo straniero, che non c’è ancora e non ci sarà; ma non si sa mai: meglio palesare subito la propria avversione contro tutto ciò che non “è uguale a se stesso”! E manco a dirlo nei giorni a seguire nessuna smentita, chiara e definitiva, è giunta dai portatori di statua circa la ventilata eventuale riluttanza nel vedere l’ “uomo nero” in giro per il paese. 
Neanche una smentita d’opportunità, visto che il loro arrivo non era comunque neppure previsto! Anzi, qualche portatore di statua, a conferma del malumore, nello stigmatizzare il gesto del sindaco, ha dichiarato di non essere razzista, ma di "aver preso posizione soltanto su quanto potrebbe interessare il Comune!" Insomma, una situazione paradossale non molto diversa da quello sketch televisivo dove i protagonisti canzonando la Lega xenofoba affermavano: "non siamo noi ad essere razzisti, ma sono loro ad essere napoletani"!
Ma dice, sa’, saranno cose circoscritte all’entroterra appenninico? Quello dei paesi oltre Eboli, dove Cristo si è fermato (!), e oltre dove la “cristianità”, cui si appellavano i lucani del libro di Carlo Levi,  non è ancora arrivata? E come la mettiamo allora con  la gravità delle parole del Ministro degli Interni che ha offeso gli ambulanti chiamandoli “vu’ cumprà”? Beh, mi viene da dire che evidentemente il “vu’ cumprà” è un tema familiare per chi ha fatto carriera in partiti che si son retti anche sulla “compravendita” di persone. E in questo festival dell’ipocrisia e dell’intolleranza non manca all’appello neanche la cosiddetta gente perbene, quella dei supermercati di Catania o di Bologna, dove si invitano i clienti a non fare l’elemosina agli stranieri. E che dire dell’elezione ai vertici del calcio italiano di Tavecchio, nonostante le sue frasi razziste sui “mangia banane”? Solo “realpolitik”, o anche negazione del razzismo come violenza sociale? Continuano, poi, le campagne razziste di alcuni giornali che mentono nella sostanza scrivendo dei famosi 45 euro che andrebbero ai profughi, mentre un lavoratore italiano non li guadagna. E’ appena il caso di ricordare che la verità è che i soldi vanno nelle tasche di strutture e di associazioni che gestiscono l’emergenza, quindi in qualche modo anche in quelle di nuovi lavoratori. Italianissimi!


Ma fortunatamente ci sono anche esempi clamorosi di umana solidarietà. Ci sono i volontari indipendenti che, vicino a noi, a Salerno, dal nulla mettono in campo assistenza benefica per i profughi che giungono lì, gli artisti solidali e antirazzisti che si schierano contro la xenofobia, i profughi che con l’A3F impediscono lo sgombero di una struttura di accoglienza a Bologna. Ci sono le dichiarazioni più famose di Papa Francesco o il quantomeno apprezzabile buon senso che mantiene Matteo Renzi su questi temi.
Allora, “che fare”? Senza scomodare i padri del socialismo, è indispensabile ribadire, a chi proprio non vuol capire ciò che dovrebbe essere patrimonio indiscutibile di una società che si possa veramente chiamare “civile”, che: migrare non è reato, ma è una necessità! Mentre, ospitare i rifugiati è un dovere, perché è un principio sancito dalla Costituzione italiana. Infatti, l’articolo 10 recita: "lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge".
Bisogna gridare a squarciagola che ogni essere umano deve essere libero di cercare una vita migliore. Non dimentichiamo, poi, che l’Italia è un paese di immigrazione, ma è anche stato, ed è tuttora un paese di emigranti. E’ dunque ipocrisia non accettare gli immigrati di oggi, sapendo che tantissimi italiani, tra cui tanti caposelesi, sono emigrati in tante parti del mondo nel corso degli anni, e continuano a farlo oggi. Tra l’altro, l’Italia, oltre ad essere tra i paesi europei quello ad avere meno immigrazione, è un paese con la bilancia tra immigrazione ed emigrazione sostanzialmente in pareggio. Peraltro, tutte le persone che giungono nei nostri paesi stanno fuggendo da guerre e povertà, sono in cerca di salvezza, dovrebbero essere accolte al meglio, come nostri fratelli e sorelle. Sbaglio, o facciamo tutti parte della grande “razza umana”, e quindi avremmo tutti diritto a vivere e circolare liberamente sul pianeta? Abbiamo il dovere - e mi rivolgo soprattutto ai nostri amministratori -, il dovere umano di guardare negli occhi le migliaia di bambini, di donne e uomini che giungono qui, e dire loro: noi ci proviamo e faremo di tutto perché la vita sia migliore per voi!
Mi piace notare come il Presidente del Consorzio di Servizi Sociali “Alta Irpinia”, mesi fa, ha rimarcato favorevolmente il fatto che sia cresciuta la cultura dell’accoglienza nelle nostre aree, e il fatto che da un solo Comune, quello di Conza della Campania, si è  passati a 5 comuni ospitanti centri SPRAR, per l’accoglienza di richiedenti asilo politico e rifugiati. Il mio plauso, quindi, va ai sindaci e alle amministrazioni comunali di Conza della Campania, Bisaccia, Sant’Andrea di Conza, Sant’Angelo dei Lombardi e Teora, ed anche alle popolazioni di questi comuni che hanno dimostrato grande sensibilità verso una problematica, saltata prepotentemente alla ribalta negli ultimi mesi, dopo i naufragi avvenuti al largo di Lampedusa che hanno causato centinaia di morti. Mi rendo conto che non è facile per le amministrazioni comunali andare in questa direzione. Tuttavia, da canto mio, mi sento di fare da sprone  nella nostra comunità, affinché il nostro sindaco, la nostra amministrazione si prodighino per diffondere la culturaersone dell’integrazione nelle nostre zone; per rendersi protagonisti di azioni umanitarie che non possono che evidenziare la grande generosità di questo paese. Chi ha avuto modo di conoscere come si svolge il progetto e la vita all’interno di questi centri ha potuto superare le barriere alzate dal pregiudizio e dall’ignoranza di chi esprime giudizi senza conoscere ciò di cui si parla. Questa gente, infatti, giunge in Alta Irpinia, con un fardello di vessazioni e maltrattamenti alle spalle. Nei paesi citati trova un ambiente pronto a riceverli, a dare loro assistenza e ad accompagnarli nel cammino dell’integrazione per essere immessi alla fine del percorso nel mondo del lavoro, pronti a provvedere a sé stessi, forti di quanto hanno maturato in termini di esperienza nei centri di accoglienza. Lì essi svolgono diverse attività e corsi di formazione che vanno dall’alfabetizzazione alla lingua italiana, alla patente di guida, ai laboratori teatrali ed ai corsi di giardinaggio, agricoltura, educazione al lavoro ecc..
Da ultimo, pongo all’attenzione di tutti che non è da trascurare anche la ricaduta occupazionale, e la crescita professionale per molti giovani che altrimenti sarebbero costretti a migrare a loro volta verso nord. Già, come i profughi!
In buona sostanza, non vedo altra strada che sensibilizzare tutti insieme la cittadinanza sui temi dell’accoglienza. Bisogna arginare il rigurgito razzista e xenofobo, l’altra faccia della medaglia di certa cattiveria che pure si sta facendo largo nelle nostre comunità che hanno perso quella matrice ante-sisma dell’ ’80 di borghi rurali (che per la loro stessa natura socio-economica “dovevano essere solidali”), e che rischia di ingoiare nell’egoismo molti dei nostri paesi. Occorre che gli amministratori locali pongano in cima all’agenda politica la questione dello sviluppo di una coscienza democratica collettiva scevra dai falsi miti, e orientino, altresì, il dibattito pubblico verso una rinnovata coscienza dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nel rispetto pieno del dettato costituzionale e della nostra migliore  tradizione mutualistica e solidaristica!